Per introdurre questa serie di incontri sulla rivoluzione cinese e sulla figura di Mao che ne è stata il simbolo, non si può non pensare a cosa è diventata la Cina e cosa sopravvive del suo passato nell’oggi tumultuoso, così come non si può ignorare il posto che questo gigante occuperà internazionalmente nel prossimo futuro.

Che questo paese, ancora poverissimo e drammaticamente arretrato alla metà del XX secolo, sia diventato il maggior creditore nei confronti degli USA, il paese riconosciuto tuttora egemone nell’Occidente capitalista, contribuendo con iniezioni di liquidità a fronteggiare sul finire del primo decennio del 2000 l’insolvenza dei maggiori istituti di credito americani, è di per sé motivo di meraviglia.

Contemporaneamente è purtroppo motivo di preoccupazione che l’ingresso della Cina tra le potenze planetarie abbia aumentato la contrapposizione strategica tra i due colossi: non dimentichiamo infatti che gli analisti del Pentagono (le indefesse teste d’uovo responsabili di tanti errori e tragedie) hanno previsto, nel primo quarto del XXI secolo, un inevitabile confronto militare tra le due superpotenze a fronte della crescente e reciproca rivalità economica.

Una tale conflittualità strisciante spiega, in parte, perché la celebrazione folkloristica del 60° anniversario della Repubblica Popolare sia stata accompagnata da una parata militare “muscolare” e apparentemente anacronistica. Più complesso è capire perché, in occasione delle celebrazioni, il gruppo dirigente cinese abbia fatto un insistente riferimento a Mao Tze Dong e al “suo pensiero” e il premier, sorprendentemente, si sia presentato al tradizionale bagno di folla in giacchetta simil militare, come usavano i dirigenti in quell’epoca.

La ragione, probabilmente, non sta solo nei riferimenti rituali al “Grande Timoniere” di cui, periodicamente anche nell’era di Deng, i dirigenti cinesi hanno fatto uso, quanto nella necessità di mobilitare il paese contro i ceti più aggressivi e contro lo stile di vita indotto dal nuovo consumismo.

E questa considerazione spiega perché una qualsiasi storia della Cina moderna non può ignorare il carattere peculiare della rivoluzione cinese, così come l’impronta personalissima che Mao vi ha calato.

La serie di “conversazioni” tenute da uno studioso della storia recente della Cina come Aldo Natoli, sono un rilevante contributo alla comprensione delle vicende complesse di questo gigantesco paese, troppo spesso deformate allo stesso tempo dall’esaltazione dogmatica o dalla demonizzazione di maniera.



Mao nel 1946



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